Il rapporto debito/Pil è un indicatore importante e delicato per l’Italia, che nel passato ha accumulato un fardello per il quale paga tuttora circa 65 miliardi di interessi l’anno. Ne avevamo già parlato in precedenza. La discesa di questo rapporto (non del valore assoluto del debito) è richiesta dai Trattati europei, ma soprattutto è un elemento-chiave a cui guardano gli investitori di tutto il mondo che comprano titoli di Stato del nostro Paese. Era attesa per quest’anno, dopo nove anni consecutivi in cui invece a causa della grande recessione e per altri motivi c’era sempre stato un aumento.
Beh, il 2017 non è ancora finito, ma già sappiamo che le cose hanno preso una piega un po’ diversa: nel senso che in realtà l’inversione di tendenza c’era già stata, ma nel 2015. Non ce ne eravamo accorti, per il semplice motivo che il dato noto fino a tre giorni fa era diverso e parlava di un debito in salita rispetto al prodotto fino a tutto il 2016. Poi però l’Istat nell’ambito delle consuete revisioni ha diffuso nuovi numeri non relativi al debito (la cui quantificazione è compito della Banca d’Italia) ma proprio al Pil che serve da denominatore della frazione: il prodotto nominale del 2015 è stato rivisto al rialzo di 6,7 miliardi (mentre non è cambiato quello dell’anno precedente) e questo è bastato a spingere il rapporto verso il basso: al 131,5 per cento dal 131,8 dell’anno precedente.
Poi però - come scopriamo sempre a posteriori - nel 2016 lo stesso rapporto è risalito al 132 per cento, a causa dell’incremento del valore assoluto del debito. Insomma l’inversione non era definitiva. Il governo prevede però che nell’anno che si avvia a concludersi l’incidenza sul Pil del debito torni a scendere, al 131,6. Su www.irpef.info/debito.html è possibile dare un’occhiata all’andamento del debito pubblico dal 1970 ad oggi, con i dati aggiornati, in corrispondenza ai governi che con le loro politiche hanno influenzato l’andamento di questo aggregato così decisivo. Già, chi ha creato il debito pubblico italiano?