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Speranza di vita: dal 2019 nessuna certezza sulla data della pensione

Scritto da Redazione il 15 aprile 2017

Speranza di vita: dal 2019 nessuna certezza sulla data della pensione

Si chiama speranza (o aspettativa) di vita: ma da qualche anno l’evoluzione di questo indicatore demografico incide anche su un’altra speranza, quella - sentita da molti lavoratori - di poter andare in pensione. Alla speranza di vita, in particolare quella a 65 anni, sono infatti legati i futuri aggiornamenti dei requisiti di accesso sia al trattamento di vecchiaia che a quello anticipato, oltre che gli importi dell’assegno.

L’asticella si alza di qualche mese ogni tre anni (ogni due a partire dal 2021). Il punto è che la determinazione definitiva dei requisiti, quelli da applicare davvero, sarà fatta solo a consuntivo sulla base dell’eventuale innalzamento effettivo della speranza di vita accertata dall’Istat per il periodo precedente di riferimento. Intanto però le persone cercano di farsi un’idea della data in cui matureranno il diritto alla pensione, anche tra qualche anno. Di più, le stesse aziende predispongono piani di uscita a medio-lungo termine basati sui requisiti futuri. Ma quali?

Quando nel 2011 fu approvata la riforma Fornero, che tra le altre cose rendeva strutturale l’ancoraggio all’aspettativa di vita, furono usati come parametri indicativi quelli contenuti nello scenario centrale delle previsioni demografiche Istat con base 2007. Poche settimane dopo l’istituto di statistica rese note le previsioni con base 2011 ma per molto tempo ancora la stessa Inps ha basato i propri calcoli, non aventi validità ufficiale, sulle tabelle originarie. La Ragioneria generale dello Stato ha invece adottato quasi subito lo scenario più aggiornato nelle proprie previsioni.

La differenza può essere di alcuni mesi già da qui a 4-5 anni e questo divario risulta decisivo quando il requisito più severo impedisce al pensionando di uscire - sempre in via teorica - entro un determinato anno: ciò vuol dire a volte escluderlo ex ante da un pieno di prepensionamento, anche se poi lui quel requisito potrebbe effettivamente maturarlo. Ci si può fare un’idea della situazione su http://www.irpef.info/pensionequando.html: ad esempio un lavoratore nato nell’ottobre del 1958 con 1946 settimane di contributi al 31 dicembre 2016 maturerebbe il diritto alla pensione anticipata a dicembre 2022 con lo scenario 2007 ma solo a marzo 2023 con quello 2011.

Dal 2011 l’Istat non ha più aggiornato le previsioni demografiche, ma si attende che l’ultimo scenario sia reso coerente con i dati del censimento dello stesso anno. A complicare le cose ci si è messo negli ultimi tempi anche l’andamento altalenante della speranza di vita effettiva, che era sorprendentemente diminuita nel 2015. Sulla base di questo calo, la Ragioneria generale dello Stato aveva ipotizzato per il 2019 un adeguamento nullo dei requisiti (l’adeguamento è nullo anche se la dinamica della speranza di vita è negativa). Ma nel 2016 c’è stato invece un forte aumento che ha permesso di recuperare il terreno perduto ed anzi raggiungere il nuovo record storico. Quindi, in conclusione, nessuno può sapere con certezza quando andrà in pensione dal 2019 in poi.