Concepita nell’ambito della riforma federalista, come principale fonte di entrata per i Comuni, l’imposta municipale (Imu) è poi diventata a fine 2011 un elemento centrale dello sforzo di risanamento imposto all’Italia dalla crisi internazionale: dal 2012 dovrà garantire un gettito di oltre 20 miliardi l’anno. Vediamo com’è fatta e come funziona.
Che cos’è l’Imu?
La sigla Imu sta per imposta municipale. Ricadono in realtà sotto questo nome due tributi diversi: l’imposta muncipale propria, che colpisce il possesso di immobili, e l’imposta municipale secondaria, che dovrebbe sostituire a partire dal 2014 alcune forme di prelievo esistenti a livello comunale quali la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche, l’imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni, il canone per l’autorizzazione all’installazione dei mezzi pubblicitari. L’imposta municipale propria, di cui ci occupiamo qui, è chiamata a volte anche imposta municipale unica: di questa dizione, tra l’altro incoerente con l’esistenza dell’imposta secondaria, non c’è però traccia nei documenti ufficiali.
Quando entra in vigore l’Imu?
Dal 2012 in via sperimentale, come stabilisce l’articolo 13 della legge 214/2011 (decreto salva-Italia) che modifica così il decreto legislativo 23/2011 in materia di federalismo fiscale; quest’ultimo testo prevedeva invece che la nuova imposta fosse applicata a partire dal 2014. Nel maggio 2013 il governo, sospendendo il pagamento della prima rata per abitazioni principali e fabbricati rurali, ha annunciato una revisione di tutta la tassazione immobiliare entro il 31 agosto.
Quali tributi precedenti sono stati sostituiti dall’Imu?
In base al decreto legislativo 23/2011 l’imposta municipale propria sostituisce l’Irpef (imposta sul reddito delle persone fisiche) per la parte applicata ai redditi immobiliari, esclusi quelli da locazione, e le relative addizionali; sostituisce inoltre l’Ici (imposta comunale sugli immobili).
L’introduzione dell’Imu comporta un aumento del prelievo?
Generalmente sì, ma non sempre. Sia l’Ici (dal 2008) che l’Irpef (di fatto dal 2001) non erano dovute per le abitazioni principali, salvo quelle di lusso, mentre l’Imu si applica anche a questa tipologia di immobili: relativamente alle prime case c’è allora un aumento secco dell’imposizione rispetto al passato, e comunque un incremento anche rispetto all’imposta applicata fino al 2008, a causa dell’aumento del moltiplicatore (vedi sotto). Invece per gli altri tipi di immobile bisogna fare il confronto tra l’importo attuale dell’Imu e quanto dovuto complessivamente in precedenza; nel caso delle abitazioni diverse da quella principale entrano quindi nel conto anche l’Irpef e l’addizionale comunale. Per i contribuenti con reddito Irpef medio-alto il totale dovuto può risultare leggermente più basso, almeno con le aliquote standard, perché sul reddito dell’immobile si applicava un’aliquota marginale alta.
Chi deve pagare?
Il proprietario dell’immobile, oppure chi è titolare del diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie; il presupposto dell’imposta è il possesso di qualsiasi immobile compresa l’abitazione principale e le sue pertinenze. Per quest’ultima però, come già detto, il pagamento della prima rata è sospeso nel 2013 in attesa di nuove regole.
Qual è la base imponibile dell’imposta?
L’Imu si applica sul valore dell’immobile, ottenuto applicando alla rendita catastale rivalutata del cinque per cento un moltiplicatore diverso a seconda del tipo di immobile. Per le abitazioni il moltiplicatore è 160. Ad esempio, se la rendita catastale è 800 euro, il valore sarà 800 X 1.05 X 160 = 134.400 euro. Siccome 160 X 1.05 = 168 nei conteggi per brevità si può moltiplicare la rendita catastale direttamente per 168.
Quanto si deve pagare?
Alla base imponibile va applicata un’aliquota che originariamente era stata fissata allo 0,4 per cento (4 per mille) per l’abitazione principale e allo 0,76 per cento (7,6 per mille) negli altri casi. Nel corso del 2012 però molti Comuni hanno rivisto queste aliquote, nella maggior parte dei casi verso l’alto. Dall’importo così ottenuto si detrae per l’abitazione principale la somma di 200 euro. La detrazione è incrementata di 50 euro per ogni figlio di età inferiore ai 26 anni che risiede nella stessa casa. Per il 2013 la prima rata, quando dovuta, è calcolata con le aliquote e le detrazioni in vigore l’anno precedente, mentre a dicembre il saldo terrà conto delle eventuali ulteriori decisioni delle amministrazioni comunali.
Quando si deve pagare?
L’Imu va di regola pagata in due rate di pari importo il 16 giugno e il 16 dicembre di ciascun anno, termini che slittano in avanti di uno o due giorni se la data cade di domenica o di sabato. Per il 2012, limitatamente alle abitazioni principali è stato possibile optare per il pagamento in tre rate (quella intermedia era fissata al 16 settembre). Nel 2013 sempre per le abitazioni principali il pagamento della rata di acconto è sospeso: avverrà a settembre nel caso in cui il governo non dovesse definire entro il 31 agosto la riforma complessiva.
Cosa si intende esattamente per abitazione principale, ai fini dell’Imu?
La definizione è più stringente e rigorosa rispetto a quella adottata in passato per l’Ici. L’abitazione principale è quella in cui il possessore (e la sua famiglia) dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente: questi due concetti non sono più separabili. Inoltre può essere costituita da una sola unità immobiliare, anche nel caso in cui ci siano parti (salvo le pertinenze) accatastate separatamente.
Come si fa a sapere qual è la rendita catastale della propria abitazione?
È possibile ricavare l’importo della rendita dall’atto di acquisto oppure previa registrazione sul sito dell’Agenzia del Territorio.